La carne di Wagyu nella tradizione giapponese
L’ironia della sorte vuole che le particolarità che hanno reso il Wagyu tanto prelibato nonché costoso (il prezzo al kg può raggiungere per alcune razze i 1000 euro e non scende mai sotto i 100 euro) derivino dal divieto di consumare carne. Durante il periodo Edo, che corrisponde al lasso di tempo che va tra il 1603 e il 1868, lo Shōgun – titolo ereditario conferito ai dittatori militari che governarono il Giappone tra il 1192 e il 1868 – proibì l’utilizzo di alimenti a base di animali quadrupedi.
La conseguenza fu l’impiego dei bovini per il lavoro nei campi di soia e nelle risaie. Lo sforzo fisico stimolò nei manzi lo sviluppo di riserve energetiche nel tessuto muscolare ed è proprio questa presenza di grassi a determinare il tipico aspetto marmorizzato. Inoltre, è importante ricordare che in questo caso il grasso intramuscolare è costituito da acidi grassi monoinsaturi; ciò si traduce nel fatto che la carne Wagyu contiene fino al 30% in più di grassi non saturi rispetto alle altre razze di manzo.
The Beef marbling standard (Bms) stabilisce il grado di marmorizzazione della carne su una scala che va da 1 a 12. Tra i vari tipi di Wagyu, il Kobe rappresenta la varietà con il maggiore livello di marezzatura che non può essere inferiore a 6. Appartenente alla razza Japanese Black in particolare alla varietà chiamata Tajima-Gyu, il Kobe prende il suo nome dalla capitale della prefettura di Hyōgo (Kobe, appunto), unico posto al modo dal quale questa tipologia di manzo può provenire. A differenza degli altri esemplari di Wagyu che dagli anni Duemila possono essere allevati e prodotti in altri Paesi, il Kobe, nasce, cresce, muore e viene venduto in questo territorio dell’isola di Honshu.
Siamo a tua disposizione